Acquisti e bandi

Riportiamo questo grido di allarme.

http://www.msn.com/it-it/notizie/italia/la-denuncia-dell%e2%80%99associazione-chirurghi-%e2%80%9ci-bisturi-in-dotazione-non-tagliano-pi%c3%b9%e2%80%9d/ar-BBoG9Wa?li=AAaxHVJ

Di fatto la cosa è preoccupante. Ma ci viene spontaneo dire che certi giudizi dovrebbero anche essere corredati di dati tecnici.

Le gare sono fatte per risparmiare, ma nessuno vieta all’amministrazione pubblica di dare specifiche qualitative stringenti.

Sui capitolati di acquisto, ci sarebbe molto da dire. E si può ritenere che il vero problema sia proprio li.

Scrivere un buon capitolato di gara è difficile e molto spesso i capitolati vengono prodotti in maniera superficiale o poca attenta di quei parametri qualitativi che fanno la differenza appunto fra un bisturi che taglia ed uno che non taglia.

Suggeriamo alla associazione dei medici chirurghi di corredare la denuncia con una circostanziata analisi di quale parametro qualitativo e di durata sia obbligatorio per i bisturi usati in sala operatoria.

Perché alla fine, nonostante noi italiani siamo abbastanza restii alla precisione formale, un bisturi che taglia ha alcune caratteristiche ben facilmente determinabili.

 

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Riflessioni sul lavoro

L’Italia è un paese strano. Non molti sanno che è passibile di licenziamento il lavoratore che ha una malattia grave che produce assenze continuative.

Percentualmente è un problema per fortuna insignificante. Ed è per questo che non fa notizia.

L’equità sociale non si misura con i sensazionalismi, ma con (appunto) l’equità.

Le malattie gravi possono colpire chiunque. E la continuità di reddito è importante per la vita di una persona.

E’ giusto che lo Stato si assuma gli oneri derivanti da malattie gravi, con sostegno al reddito.

http://torino.repubblica.it/cronaca/2016/01/16/news/torino_la_vittoria_della_prof_con_la_sclerosi_licenziata_perche_malata_torna_a_insegnare-131373721/

http://www.espertorisponde.ilsole24ore.com/problema-settimana/rischio-licenziamento-chi-supera-termini-malattia:20121210.php

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Università. Non si sfugge

Esistono delle graduatorie internazionali sulle Università a livello mondiale.

Si citano per esempio:

https://www.timeshighereducation.com/world-university-rankings/2015/world-ranking#!/page/0/length/25

http://www.topuniversities.com/university-rankings/university-subject-rankings/2015/education-training#sorting=rank+region=+country=+faculty=+stars=false+search=

http://cwur.org/2015/

Si può contestare il metodo, la fonte, la organizzazione.

Ma tutti i ranking danno l’Università Italiana come assolutamente inadeguata. Siamo spesso un paese autoreferenziale. Ma siamo caduti troppo oltre il limite ultimo dell’educazione.

Non è questione di investimenti (troppo a pioggia e male indirizzati). Il poco è una scusa che deve comunque essere sorpassata dal meglio.

Passare dal punto della situazione a proposta è un esercizio complesso. Ci pare però che sia in atto una cancellazione di ogni critica ed oggettiva analisi dell’esistente.

 

 

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Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Pensieri liberi sull’ ultimo Libro del Professor Alberto Bagnai

L’ultimo libro del Professor Alberto Bagnai è un lavoro maturo di analisi tecnica e politica (nel senso di Polis) sulla moneta ed il rapporto che questa ha con la società.

Si innesta nel dibattito del rapporto fra Capitale e Lavoro, che ultimamente sembra essere sempre più all’attenzione su tutti i media ( a solo esempio Articolo di Repubblica su Capitale e Lavoro).

E’ sempre più importante parlare di questi temi, anche perché l’ Europa sta attraversando una crisi che ancora prima che economica è sociale e come tale andrebbe affrontata.

E’ necessario riportare il tema della Persona al centro del dibattiti economico. Ed inoltre, capire cosa vogliamo per il nostro futuro.

Il tema del rapporto fra Capitale e Lavoro non è altro che un derivato del tema sulla Persona. Il rapporto fra Capitale e Lavoro non è un tema strettamente economico, ma anche etico.

L’economia ne detta i contorni tecnici. Fondamentali. Importanti. Ma la linea fra ciò che è giusto e ciò che non è giusto, non è un tema strettamente economico. Ma va oltre e mette in ballo il concetto di Persona e della sua dignità.

Il pregio del lavoro di Bagnai è quello di partire da un concetto economico, tecnico, come la moneta e collegare il concetto al più alto valore di distribuzione della ricchezza. Io lo estendo alla dignità della Persona.

In questo senso il dibattito fra Euro e non Euro diventa un punto importante ma tecnico. La vera domanda è che Europa si vuole e che società vogliamo vivere.

E’ forse per questo che il dibattito sull’ Euro, viene snobbato, colto con sufficienza da parte di chi sostiene l’Euro, trascurato dai media. Messo in rissa come si fa per i dibattiti poco importanti.

Perché sottende il concetto più importante di distribuzione della ricchezza. Il professor Bagnai ha il pregio di evidenziarlo in maniera forte.

Il punto nodale dell’Europa è quello dell’arretramento del benessere sociale della sua popolazione. Che non è strettamente collegato alla pura e semplice ricchezza. Ma è dato dalla sua distribuzione ed ancora di più dal benessere e dal benessere dei diritti.

L’ Europa, in circa 10 anni non è solo arretrata in ricchezza. Ma nella capacità di coltivare benessere ed essere quel territorio di speranza per tutte le generazioni.

La povertà non è una sconfitta in quanto aumenta ed è generata dalla crisi. La povertà è una sconfitta perché sottende un modello culturale che l’ha generata.

Il dibattito sull’ Euro si, Euro no, è quindi un dibattito importante ma forse inutile. Perchè il vero dibattito è quello della distribuzione della ricchezza in una società evoluta.

La dignità della Persona esce dal contesto economico e si pone su piani diversi, molto più importanti.

Il Papa, in questi giorni più twittato per gli schiaffi ai figli che non per i messaggi più alti sulla dignità della persona, ricorda

“Lotta contro la fame ostacolata dal mercato”

“L’economia iniqua uccide”

Chi si arrabatta con la microeconomia e con i disagi che questa comporta, non deve dimenticare la centralità dell’Uomo sull’ economia. Sia questo messaggio portato da un credente, sia da un laico.

L’Europa e tutta la sua classe politica ha la colpa storica di avere contribuito al peggioramento complessivo del benessere della propria popolazione. Concentrandosi su aspetti economici, di moneta, andiamo verso una Europa dell’economia e della moneta, dimenticando l’Europa del diritto, dei diritti e delle Persone.

Il libro di Bagnai ha il pregio di riporre le domande corrette. Lo fa tramite l’analisi tecnica del rapporto fra moneta e monete. Ma introduce anche aspetti collegati alla relazione fra produttività e salari.

La politica deve riprendere a farsi domande semplici. Porre la centralità della Persona negli obiettivi di sviluppo. Capire il rapporto fra legittima imprenditorialità, profitto e dignità.

L’Europa di questi tempi, pare dimenticare tutto questo. E le mense della Caritas aumentano i loro ospiti.

Il comunismo ha fallito, ma stiamo anche raccogliendo i cocci del liberismo.

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Vediamo come va a finire

Nel tempo, cercheremo di capire come procede questa storia.

Crollo Viadotto Palermo – Agrigento

 

 

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Brebemi. Un punto non secondario per l’azione di governo.

Non vogliamo entrare nel merito di quello fatto o non fatto dall’azione di governo. Si entrerebbe in questioni anche ideologiche e si rischierebbe uno “schieramento” ideologico su temi molto pragmatici in realtà.

Ma l’azione di governo potrà essere giudicata solo se saprà passare, per tutti i temi, dall’annuncio alla azione. Evitando provvedimenti lobbistici, e perseguendo comportamenti al di sopra delle parti.

Solo così avrà quella integrità morale per chiedere sacrifici agli italiani.

Per adesso su questo fronte, siamo solo alle dichiarazioni.

http://milano.repubblica.it/cronaca/2014/12/30/news/brebemi_dal_governo_300_milioni_all_autostrada_costruita_interamente_con_i_soldi_dei_privati-103973138/

 

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Una marea spazzerà la politica. E sta partendo da Genova

E’ un momento delicato per la politica. Devono temere i politici. Perché una marea spazzerà la cattiva politica.

Sono i momento più difficili nei quali si osservano i cambiamenti, anche radicali.

Esistono responsabilità politiche dell’ alluvione di Genova. Ma non si limitano alla parte politica ed è importante capirne i contorni.

I controlli sono a carico dell’ apparato della pubblica amministrazione, che ha forti responsabilità nella situazione del paese. Quell’ insieme di impiegati pubblici che permettono che un fiume possa esondare senza che nessuno abbia previsto il fenomeno hanno responsabilità importanti. Mancano i soldi per gli straordinari ? Non è una scusante ed ognuno di noi ha il dovere morale di fissare priorità nell’ agire.

Ma la marea che spazzerà la cattiva politica parte dai ragazzi che stanno spalando nell’ assenza del Comune, e di altri attori.

E’ una pallina che ha iniziato a rotolare. E rotolerà sempre più forte nella insoddisfazione per la classe politica, per la pubblica amministrazione e per i tanti comportamenti sbagliati della maggioranza di noi.

Quelle pale mulineranno nel silenzio con molta più forza di quello che potrebbe apparire. E se troveranno una vera aggregazione ed una leadership del cambiamento, la cattiva politica sarà spazzata via. Con una forza inaudita.

Lo Stato non è assente. Lo Stato siamo noi. Senza scuse.

 

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Il lavoro visto da un imprenditore

Abbiamo coinvolto un imprenditore per parlare di lavoro. Una intervista aperta. Forse di parte. Anzi, sicuramente di parte. Ma per chiarire un punto di vista.

Come vede il lavoro un imprenditore, articolo 18, diritti ?

Faccio impresa da 20 anni. Prima della precarietà, dopo la precarietà. Prima della crisi, dopo la crisi. Sicuramente il problema è lo sviluppo. Di seguito il lavoro nel suo complesso.

Sicuramente, anche dal punto di vista dell’ impresa e di un imprenditore, si faceva meglio l’ impresa quando c’erano regole più rigide, maggiori diritti, il posto fisso a vita. Fino agli anni 2000, anche psicologicamente, si pensava ad un domani in crescita. C’era molta serenità.

Il punto centrale del lavoro e dei diritti è lo sviluppo e non i diritti stessi. Viceversa si parla in astratto.

Quanti licenziamenti, fabbriche chiuse, disperazione, mancanza di un domani. I diritti senza sviluppo sono puro esercizio teorico. I diritti sono conseguenza di un mercato del lavoro maturo e che funzioni bene. Tutt’altro di quello che si vede ora.

Ed il mercato del lavoro ?

Credo fermamente che l’errore di tutti, in primis i sindacati, sia quello di pensare che il mercato del lavoro non sia un mercato.

E’ come pensare che il mare sia dolce e non salato e bere facendo finta di nulla. Prima o poi si sta male.

Il problema degli imprenditori non è mai di tipo filosofico. L’imprenditore, volendo semplificare, ha un approccio molto gretto o se vogliamo pragmatico alle cose.

Il problema non sono i diritti. Ma il costo del lavoro. E’ inutile che ci giriamo intorno. Ed il problema dell’imprenditore (parlo soprattutto delle piccola e media impresa) non è biecamente il guadagno. Ma la continuità aziendale. La competizione. La sopravvivenza.

Esistono mercati a meno di 300 KM dove una persona di media ed alto livello costa meno di 8.000 euro all’ anno. Contro i 35.000 euro in Italia.

Hai un bel dire che l’ Italia è avanti. Che le persone hanno maggiore cultura. Che il modello ci tutela. Che bisogna puntare all’innovazione. E tutte queste manfrine.

Sono mere illusioni. Le grandi aziende hanno delocalizzato parti importanti della loro produzione anche intellettuale.

C’ è un processo spinto di deindustrializzazione  anche del valore aggiunto. Si arriva fino al dentista oltre cortina. Il medico a basso costo.

Facciamo finta che tutto questo non esista. E la situazione peggiora di giorno in giorno.

Io personalmente sono per la riduzione dei minimi salariali, che non sono compatibili più con un mercato competitivo e di sproporzioni enormi. Vogliamo che i nostri giovani vadano in Albania per trovare il lavoro ? Pensiamo che la soluzione sia quella di irrigidire il costo del lavoro ?

Andate a vedere quanti uffici studi, di progettazione, trovate nei paesi a basso costo.

Vogliamo fare finta che tutto questo non accada ?

In America (che è un modello sicuramente  da cambiare) esiste un salario minimo di dignità. Poi le regole vengono stabilite dal mercato. Non mi pare che tutti lavorino gratis. Anzi, usualmente il salario medio è molto più alto del salario minimo.

E la dignità ?

Noi vogliamo tutelare il lavoratore. Ma noi dobbiamo tutelare la persona. Nel suo complesso. Ora qualsiasi problema lavorativo è un dramma personale fra il lavoratore e l’imprenditore. Le aziende non sono tutte Fiat.

La categoria degli imprenditori ha dato molto. Quanti suicidi. Si crede che sia facile in certe situazioni ?

la dignità è della persona. E va tutelata. Non ha nulla a che fare con i diritti del lavoratore, che fra l’ altro riguardano una ristretta cerchia di persone.

Quindi licenziamento facile.

Io personalmente sono per la flex security. Cioè, dignita alla persona. Le aziende possono licenziare senza vincoli. Ma la società, a carico delle aziende e della fiscalità generale, prende in tutoraggio la persona che ha perso il lavoro. La accompagna. Tutto questo funziona in alcuni paesi.

Il ragionamento dietro il licenziamento è più sottile. Ma al di là di codice e contro codice, articolo di legge e non articolo di legge il punto è quello di fare domande molto nette e trovare risposte. Chiare.

1) E’ giusto che una persona sia accompagnata nelle difficoltà della propria vita ? Ora non è così. Diciamo a chiare lettere. Un buon avvocato, un po’ di soldi, ed è la strada anche per il più tutelato. Se poi, invece di essere uno solo, sono in 10,  allora è proprio semplice.

2) E’ giusto che una azienda possa costituire la squadra come meglio crede ? Anche qui devo rispondere si. Giocheresti a calcio con persone di cui non ti fidi, o con i quali non c’ è sintonia ?

3) E’ giusto reintegrare le persone per licenziamenti illegittimi discriminatori ? Mi pare proprio di si.

Ritengo giusto che le aziende possano fare selezione sul merito. Oggi, anche se molti fanno finta di nulla, sono proprio le grandi aziende ad usare mezzi sempre più orientati all’allontanamento della persona di mezza età, di questo o quel reparto.

Ora la persona non è tutelata. Si tutela il lavoratore. Ipocritamente. Perché basta avere buoni rapporti con il sindacalista di turno e via, licenziamenti a raffica.

Quindi tutto all’estero ?

Purtroppo non tutto è made in Italy. E non tutti gli imprenditori sono Enzo Ferrari.

Se una certa lavorazione qui in Italia costa 100 e all’ estero costa 20, quale è la soluzione ?

Non ho una risposta. Mi verrebbe da dire che permettere di portare il costo anche qua a 20, creerebbe sviluppo, crescita, concorrenza sulle persone e quindi alla fine, nel medio periodo, la mancanza della necessità di giocarla solo sul prezzo.

Ora è semplicemente un gioco al ribasso.

Se una regola porta anche un posto di lavoro ad andare fuori dall’ Italia, a mio parere è una regola sbagliata.

Quindi una ricetta semplice.

Ho molto rispetto di questi temi. Il problema è che nessuno ne parla. Nessuno pone domande chiare e ne riceve risposte chiare. tutto è strumentale. Rapporti di forza. Teatrini.

Conosco abbastanza bene la macroeconomia. Si pongono mai i problemi per trovare effettivamente una valida soluzione ?

Qualcuno si è mai posto il problema (seriamente) di cosa succederebbe se togliessimo i vincoli del contratto nazionale del lavoro ? La mia precedente è una ricetta gretta. Ne sono consapevole. Forse anche errata. Ma pone problemi veri.

Soffro a vedere giovani che vanno all’ estero per necessità e non per volontà.

Quindi tutto difficile. Siamo provocatori.

Sono temi complessi. C’ è chi lega i nostri problemi alla moneta. Chi alle regole.

E’ vero che è difficile ipotizzare investimenti in un mercato dove pagare il fornitore è un optional.

Mancano in Italia, l’ ABC delle regole di un mercato. Se non voglio pagare un fornitore, ci rivediamo fra qualche anno. Che problema c’è.

Il grado di civiltà di un paese è dato dalla sua capacità di imporre le leggi che si è dato. e qui siamo proprio lontani.

Il lavoro parte dallo sviluppo e lo sviluppo basa su cardini immateriali di fiducia che stiamo perdendo.

Come uscirne ?

Nel proprio piccolo, aumentando gli sforzi, le attenzioni, l’innovazione. Il controllo della concorrenza. Lo studio. E tutto non basta.

Nel macroeconomico, punterei ad una rivisitazione dei vincoli Europei. Obama, negli Stati Uniti, sta portando crescita. Speranza.

In Italia dobbiamo puntare a certezza del diritto, certezza dei pagamenti, sburocratizzazione. Per recuperare investimenti.

Inoltre, esistono varie componenti che concorrono a determinare il prezzo di un prodotto. Noi consideriamo solo il costo del lavoro. Ma esiste un contesto più allargato. Se in Italia è obbligatorio produrre rispettando certi parametri ambientali, dobbiamo importare merci che implementano le stesse regole.

Se in Italia le ore lavorate sono 40 alla settimana, è giusto che le merci che importiamo abbiano dazi se le ore lavorate nel paese di origine sono 70.

Non penso che la globalizzazione sia una sfida al massacro. E’ sempre una questione politica.

Se una azienda straniera vuole vendere un prodotto in Italia, il proprio processo produttivo deve essere conforme alle regole Italiane.

Come è possibile pensare che qui in Italia ci siano sacrosante regole ambientali, del lavoro, di diritti, di rispetto della sicurezza, ecc. ecc., e le merci importate non siano costruite con le stesse regole.

E’ difficile, ma credo che sia l’unica strada per vincere la sfida della corretta globalizzazione.

Non voglio un mondo che giochi al ribasso. Ma un mondo che possa giocare ad un continuo rialzo dei diritti. Ma in un contesto in cui il diritto è effettivamente raggiunto e non solo teorizzato.

 

 

 

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Articolo 18. Quante inutilità. MacroEconomia e MicroEconomia fanno a cazzotti

Si associa usualmente l’ articolo 18 alla libertà di licenziamento. Come se l’ annullamento potesse risolvere tutti i problemi del lavoro.

Art. 18.
(Reintegrazione nel posto di lavoro)

Ferma   restando   l’esperibilita’   delle    procedure    previste
dall’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il  giudice,  con
la sentenza con cui dichiara inefficace  il  licenziamento  ai  sensi
dell’articolo 2 della  legge  predetta  o  annulla  il  licenziamento
intimato senza giusta causa o giustificato motivo ovvero ne  dichiara
la nullita’ a norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro di
reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro.
Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno  subito  per  il
licenziamento  di  cui  sia  stata   accertata   la   inefficacia   o
l’invalidita’ a norma del comma precedente. In ogni caso,  la  misura
del risarcimento non potra’ essere inferiore a cinque  mensilita’  di
retribuzione, determinata secondo i criteri di cui all’articolo  2121
del codice civile.  Il  datore  di  lavoro  che  non  ottempera  alla
sentenza di cui al comma precedente e’ tenuto inoltre a corrispondere
al lavoratore le retribuzioni dovutegli in  virtu’  del  rapporto  di
lavoro  dalla  data  della  sentenza  stessa  fino  a  quella   della
reintegrazione. Se il lavoratore entro trenta giorni dal  ricevimento
dell’invito del datore di  lavoro  non  abbia  ripreso  servizio,  il
rapporto si intende risolto.
La sentenza pronunciata nel giudizio  di  cui  al  primo  comma  e’
provvisoriamente esecutiva.
Nell’ipotesi di licenziamento dei lavoratori  di  cui  all’articolo
22, su istanza congiunta del lavoratore e del  sindacato  cui  questi
aderisce o conferisca mandato, il giudice, in ogni stato e grado  del
giudizio di merito,  puo’  disporre  con  ordinanza,  quando  ritenga
irrilevanti o insufficienti gli elementi di prova forniti dal  datore
di lavoro, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.
L’ordinanza di cui al comma precedente puo’  essere  impugnata  con
reclamo immediato  al  giudice  medesimo  che  l’ha  pronunciata.  Si
applicano le disposizioni dell’articolo 178, terzo, quarto, quinto  e
sesto comma del codice di procedura civile.
L’ordinanza puo’ essere revocata con  la  sentenza  che  decide  la
causa.
Nell’ipotesi di licenziamento dei lavoratori  di  cui  all’articolo
22, il datore di lavoro che non ottempera alla  sentenza  di  cui  al
primo  comma  ovvero  all’ordinanza  di  cui  al  quarto  comma,  non
impugnata o confermata dal giudice che l’ha  pronunciata,  e’  tenuto
anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a  favore  del  Fondo
adeguamento pensioni di una somma pari all’importo della retribuzione
dovuta al lavoratore.

L’ articolo 18 è una norma di civiltà. Ogni licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo è illegittimo. Una norma contro l’ arbitrio e per la civiltà.

Semmai il problema è chiarire esattamente cosa è giusta causa o giustificato motivo, a tutela del lavoratore, ma anche dell’ impresa e quindi alla fine del lavoro.

Non vorremmo entrare in tecnicismi sulla norma. In questo articolo però si vorrebbe trattare un aspetto importante che ha attinenza con il rapporto fra microeconomia e macroeconomia.

Dal punto di vista microeconomico, il licenziamento ha una valenza orientata al rafforzamento dell’impresa. Le cause di un licenziamento possono essere diverse. Economiche, di arbitrio, di fiducia, di giudizio sulle capacità. In tutti questi casi, valutato dal punto di vista microeconomico, la possibilità di licenziare, aumenta le opportunità di lavoro perché l’impresa è portata ad assumere maggiormente per rispondere ad esigenze di produzione. Il sistema americano (liberta ampia di licenziare) e molti altri istituti libertari, prevedono per esempio il reintegro per licenziamento illegittimo. Ma la libertà porta una entrata più rapida nelle crisi, ma anche una uscita altrettanto rapida, in quanto le aziende sono tentate di provare a ricrescere, ai primi segnali di ripresa economica.

Dal punto di vista macroeconomico, ogni norma che aumenta l’ insicurezza dei lavoratori è assolutamente depressiva per l’ economia. E’ vero che il sistema americano sembrerebbe smentire questa affermazione. Ma non sembra un caso che le politiche di welfare americane, sono accompagnate da uno sviluppo economico alto e duraturo.

La precarietà uccide lo sviluppo. Le persone sono portate ad accantonare cifre maggiori per garantire un futuro incerto. La libertà di licenziare, analizzato sotto una matrice macroeconomica non giova all’economia.

Allora quale è il giusto compromesso ? L’ articolo 18 entra in questo scenario ?

Il modello più efficace non può che essere conciliare le esigenze di sicurezza individuale, con quelle di una competitività aziendale molto spinta ed ampia.

In questo contesto è una norma di civiltà l’ articolo 18 (contro i licenziamenti discriminatori) ma l’ azienda deve essere libera di licenziare per motivi economici ma anche per insoddisfazione del rapporto basato su criteri di merito.

La collettività deve però garantire che il licenziamento non stravolga la vita dell’ individuo e permetta il reinserimento della persona nel mondo del lavoro.

Flexsecurity insomma.

Massima flessibilità, con il massimo della sicurezza.

La domanda successiva allora è :

perché si parla di altro ? Quali sono i poteri e gli interessi che stanno dietro all’ arroccamento che stiamo vedendo in questi mesi ?

ed intanto fioccano i licenziamenti e i cassaintegrati continuano a drenare risorse senza grosse prospettive di riprendere la via di un lavoro dignitoso.

 

 

 

 

 

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25 Aprile. Festa di destrutturazione.

Ho molto rispetto per la festa della Liberazione. La storia ci insegna le dinamiche della nostra vita.

Vogliamo però dare una lettura di Liberazione come libertà dal Potere. Usualmente si analizza la Liberazione come festa con un connotazione storica ed evolutiva molto ben precisa.

E’ necessario però astrarre i concetti ed andare oltre le parti e determinare i meccanismi del Potere.

Wikipedia è molto riduttiva nei suoi elementi di presentazione di un argomento. Ma è un buon portale di inizio e da spunti interessanti.

http://it.wikipedia.org/wiki/Potere

Tutti i fenomeni storici vanno determinati in rapporto al Potere. Ogni fenomeno che non sia analizzato su questa dimensione, rischia di rimanere puro episodio  e quindi simbolo potenzialmente strumentale.

Interpretando i fenomeni della Resistenza, in una ottica attuale e con una attenta attenzione al Potere, è necessario determinare e classificare gli elementi di consenso – potere.

Classe Politica

Sindacato

Impresa

Mondo del Lavoro

Disoccupati

Finanza

Criminalità

Polizia

Magistratura

Potere Monetario

Sistema Europeo

Influenze con Paesi Esteri

Potere Occulti.

 

Uguali elementi di classificazione sono:

crisi

povertà

lavoro

ricchezza

 

Per adesso un puro esercizio di classificazione. La Storia passata è stata poco analizzata in termini di Potere. Molto più in termini di relazione fra le ideologie.

Come è possibile analizzare il potere ? Questo elemento richiede riflessioni importanti.

Vengono in aiuto le tecniche utilizzate nelle indicizzazioni Internet. Diventa  importante una classificazione relazionale dei poteri che parta dalle interazioni fra soggetti. La classificazione non risulta facile, ma diventa una linea di pensiero particolarmente importante.

Un altro elemento importante di analisi è l’ evoluzione dei fatti. La complessità diventa ulteriormente profonda. Vogliamo però fare un esempio. Il fatto è sempre espressione di un potere e quindi è elemento esso stesso di classificazione.

Prendiamo per esempio l’ unificazione dei registri automobilistici che coinvolge l’ ACI. La sua mancata abolizione è esso stesso rappresentazione e marcatura di un potere che va in contrapposizione con una volontà di snellimento della burocrazia.

Siamo poco attenti ai fatti, come rappresentazione dei rapporti di forza. Se si gioca a braccio di ferro, vince quasi sempre il più forte. Chi vince a braccio di ferro, rappresenta il più forte. Concetti simili possono essere applicati al potere, ma vanno trovate metriche che possano analizzare il fenomeno in maniera più precisa.

Convertire questi elementi, da aspetti qualitativi ad aspetti quanti-qualitativi o quantitativi, crediamo che possa rappresentare un contributo ad analisi più raffinate.

Non ci si può spingere ad una sorta di Principio di Conservazione del Potere, che è il vero elemento di continuità in ogni accadimento umano. Ma almeno è possibile capire se esistono elementi relazionali o metriche che meglio descrivono il fenomeno.

 

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Seggi. Considerazioni.

Molte nostre leggi (anche importanti) non hanno la necessaria attenzione da parte di chi dovrebbe farne rispettare l’ applicazione.

Prendiamo per esempio il divieto di introdurre telefonini e videocamere nei seggi(http://www.altalex.com/index.php?idnot=40992).

Sembra un provvedimento secondario e poco importante. Di fatto poco rispettato da parte dei Presidenti di Seggio e dagli addetti al seggio.

Il voto di scambio ed il relativo controllo del voto (con mezzi elettronici) è un modo per influenzare il voto. Il voto di scambio non è un fenomeno limitato alle regioni del Sud, ma si sta diffondendo a tutta Italia, come testimoniano i recenti fatti alla Regione Lombardia.

Una maggiore attenzione e controllo da parte di tutti su fatti all’ apparenza trascurabili è un modo di procedere verso un cambiamento necessario e doveroso.

Si propone :

1) un inasprimento delle sanzioni per chi introduce cellulari e videocamere nei seggi. Un inasprimento sulle sanzioni pecuniarie.

2) un inasprimento delle sanzioni per il voto di scambio, aumentando le pene.

3) un inasprimento delle sanzioni per gli addetti ai seggi per omesso controllo. Inasprimento sulle sanzioni pecuniarie (in buona fede) e aumentando le pene (per chi omette il controllo per mala fede).

 

 

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Assicurazioni. Aumento competizione

Partiamo da questo articolo:

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2013/02/22/Prezzi-piu-alti-Europa-rispetto-Germania-80-_8292975.html

ROMA – I premi rc auto sono in Italia in media più elevati e crescono più velocemente rispetto a quelli dei principali paesi europei. E’ quanto emerge da un’indagine Antitrust sul settore. Il premio medio è più del doppio di quelli di Francia e Portogallo, supera quello tedesco dell’80% circa e quello olandese di quasi il 70%.
La crescita dei prezzi per l’assicurazione sul periodo 2006-2010, rileva il Garante per la concorrenza, è stata quasi il doppio di quella della zona Euro e quasi il triplo di quella registrata in Francia. Anche per quanto riguarda la frequenza sinistri e il costo medio dei sinistri, il costo è in Italia tra i più elevati tra i principali paesi europei: in particolare, la frequenza sinistri è quasi il doppio di quella in Francia e in Olanda e supera di circa il 30% quella in Germania; il costo medio dei sinistri in Italia supera quello della Francia di circa il 13%, quello della Germania di oltre il 20% ed è più del doppio di quello del Portogallo. Tuttavia il numero delle frodi accertate ai danni delle compagnie in Italia appare quattro volte inferiore a quello accertato dalle compagnie nel Regno Unito e la metà di quello accertato in Francia.

Riformare il sistema del risarcimento diretto e introdurre nuovi modelli contrattuali finalizzati al controllo dei costi per ridurre i premi. Facilitare la mobilità tra una compagnia e l’altra, introducendo sistemi di confronto semplici e rivedendo il meccanismo delle classi di merito interne. E’ la ricetta dell’Antitrust per ridurre il costo delle polizze rc auto, a chiusura dell’indagine conoscitiva sul settore.

La proposta di facilitare la mobilità da una compagnia all’ altra ci pare calzante.

Tutte le proposte dell antitrust riteniamo siano degne di approfondimento.

http://www.agcm.it/stampa/news/6365-rc-auto-chiusa-indagine-conoscitiva.html

 

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Euro si. Euro no. Ulteriore contributo.

E’ importante una doverosa premessa metodologica. I nostri articoli evidenziano proposte e/o fanno il punto della situazione (limitatamente ai nostri approfondimenti). Il punto della situazione non è una visione a priori della realtà o una visione di parte ed invitiamo tutti alla critica ed a motivare i dati e le proprie considerazioni in maniera puntuale e ben argomentata. I nostri articoli sono quindi punti di partenza e non punti di arrivo.

L’ importanza della moneta nella nostra vita è testimoniata da vari aspetti. Dalla diffusione sul dibattito Euro si, Euro no, ma anche delle sempre maggiori ricerche e sperimentazioni sulle monete complementari.

Abbiamo già scritto sull’ Euro.

A riguardo dell’ argomento esistono i lavori e le considerazioni di Alberto Bagnai (http://goofynomics.blogspot.it/ e http://www.bagnai.org/).

Al di là del metodo comunicativo (più o meno condivisibile) tutte le considerazioni sono teoricamente ben argomentate ed i riferimenti sono ricchi e di valore. Abbiamo già dato alcuni riferimenti in altri articoli.

Ci permettiamo di fare alcune considerazioni a riguardo dei lavori di Alberto Bagnai. Non tanto per dare giudizi (sia mai), non tanto per confrontarci con chi ha titoli accademici specialistici nell’ area oggetto del dibattito (niente lesa maestà). Quanto per capire. Capire è necessario.

Non vogliamo entrare in nessuna polemica con alcuno e non è nostra intenzione affermare certezze, ma piuttosto fare domande.  Con umiltà.

Nei migliori gialli c’ è sempre il maggiore indiziato. Arrestarlo è facile. Appare già nella prima pagina il colpevole. Ma siamo proprio sicuri ? La questione non è da poco.

Per noi è importante capire essenzialmente alcune cose :

1) uscire dall’ euro è la soluzione ? Come sostenuto nei precedenti articoli, un approccio ai problemi dell’ Italia deve essere risolutivo dei problemi dell’ Italia. La questione è : uscire dall’ Euro risolve i problemi dell’ Italia ? In questo momento noi siamo dubbiosi. Aperti ad ogni soluzione ben argomentata ma particolarmente dubbiosi.

2) esistono altre soluzioni che non abbandonare l’ euro ? La risposta è sicuramente si. Ma in questo caso non vorremmo complicare troppo il panorama.

3) efficienza della spesa pubblica. A nostro parere è l’ indiziato numero uno dei nostri problemi. Nei lavori di Alberto Bagnai non troviamo riscontri ben approfonditi delle sue affermazioni che banalizzando sostengono che la spesa pubblica non è un problema.

Eh, no! In effetti gli ordini di grandezza sembrano diversi, che ne dite? Notate: la dinamica è molto simile: il debito estero aumenta dall’ingresso nell’euro. Ma i livelli sono diversi.
Sappiamo che esiste una dilettantesca genia di cialtroni per i quali conta solo il “debitopubblico”. Ecco, vediamo anche questo, perché è interessante:

http://goofynomics.blogspot.it/2013/02/la-prevalenza-del-declino.html

4) Benessere. Cosa è benessere, sviluppo, ricchezza non è facilmente identificabile. Crediamo però che il benessere possa essere collegato anche al tasso di disoccupazione. La competitività del cambio è poi indice di benessere. In linea di principio si. Ma…

Vogliamo analizzare alcuni dati. Semplici e ben documentati. Conosciamo le critiche a wikipedia, ma i dati riportati sono attendibili.

Cronologia dal 1980 al 2010.

Anno Debito/PIL Deficit/PIL Inflazione PIL (reale) Disoccupazione
1980 56,86 -6,97 21,80 3,43 7,1
1981 58,91 -10,87 19,51 0,84 7,4
1982 63,58 -10,01 16,46 0,41 8,0
1983 68,38 -10,11 14,70 1,17 7,4
1984 74,40 -11,48 10,74 3,23 7,9
1985 80,53 -12,38 9,24 2,80 8,2
1986 84,52 -11,96 5,82 2,86 8,9
1987 88,60 -11,51 4,72 3,19 9,6
1988 90,52 -11,05 5,09 4,19 9,7
1989 93,06 -11,43 6,28 3,39 9,7
1990 94,65 -11,44 6,10 2,05 8,9
1991 98,04 -11,38 6,22 1,53 8,5
1992 105,20 -10,37 5,00 0,77 8,8
1993 115,66 -10,03 4,50 -0,89 9,8
1994 121,84 -9,08 4,16 2,15 10,6
1995 121,55 -7,48 5,39 2,83 11,2
1996 120,89 -7,01 3,98 1,10 11,2
1997 118,06 -2,74 1,90 1,87 11,3
1998 114,94 -2,96 1,98 1,40 11,3
1999 113,70 -2,00 1,66 1,46 10,9
2000 108,51 -0,91 2,58 3,69 10,1
2001 108,17 -3,19 2,32 1,86 9,1
2002 105,15 -3,16 2,61 0,45 8,6
2003 103,91 -3,65 2,81 -0,05 8,4
2004 103,44 -3,57 2,27 1,73 8,0
2005 105,43 -4,49 2,21 0,93 7,7
2006 106,10 -3,41 2,22 2,20 6,8
2007 103,08 -1,59 2,04 1,68 6,1
2008 105,81 -2,67 3,50 -1,16 6,7
2009 115,51 -5,36 0,76 -5,05 7,8
2010 118,43 -5,11 1,64 1,54 8,4

Prendiamo ad esempio il dato 1992 – 1995. Il dato a cavallo fra svalutazione (http://it.wikipedia.org/wiki/Sistema_monetario_europeo).

Le considerazioni che ci permettiamo di fare sono :

1) dal 1992 si verifica una svalutazione competitiva molto marcata. Infatti il saldo delle partite correnti ripercorre questa dinamica in maniera immediata, come riporta anche Bagnai che evidenzia una dinamica particolarmente marcata delle partite correnti dell’ Italia alle variazioni di cambio.

File:Italian current account balance.jpg

Se vediamo però la serie riportata in precedenza, è marcato l’ aumento del tasso di disoccupazione.  Anche in una logica di lungo periodo, sembra che la svalutazione comunque porta a disoccupazione.

2) Il Pil Soffre nello stesso periodo. Anche con iniezioni di spesa pubblica particolarmente marcate (date dal rapporto deficit/pil) il Pil è sostanzialmente positivo, ed epurando  la parte di debito (che aumenta sostanzialmente) si può dire che la dinamica del Pil è praticamente negativa (anche se a riguardo non abbiamo i dati che differenziano fra debito interno e debito esterno).

3) Se analizziamo i dati storici, uno dei migliori anni di crescita è il 2007. Bassa disoccupazione (anche se si potrebbe commentare che gli anni 2000 sono caratterizzati di indicatori di disoccupazione più generosi con la occupazione precaria e sottopagata), basso rapporto deficit / pil. Alta crescita (epurata la componente di crescita a debito).

Il punto quindi è :

se l’ uscita dall’ Euro può simulare uno scenario simile al 1992, la componente dell’ incremento della disoccupazione è particolarmente marcata (dato non particolarmente incoraggiante). Esiste una spiegazione ? E’ prevista dai modelli macroeconomici ? Il saldo delle partite correnti è correlato con gli indici di sviluppo ?

Come indicato in un articolo del blog Keynes, riportato l’ altro giorno su DeterminAzione, la disoccupazione è un tema centrale.

Crediamo quindi che il collegamento fra moneta, occupazione e spesa pubblica, debba ancora essere ulteriormente illustrato e compreso.

I lavori di Alberto Bagnai sono ben argomentati.

Si sta però diffondendo nell’ opinioni di molti che l’ Euro è IL nostro problema. Non abbiamo ancora gli strumenti per affermare il contrario e forse l’ Euro è IL problema. Ci permettiamo di dire che il rischio di confondere un problema come se fosse IL problema è altrattanto grave quanto non affrontare IL problema.

Si tratta quindi di approfondire tutti i temi correlati e soprattutto capire quanto incide la spesa pubblica inefficiente e lo stock di debito, sulla crescita e la ricchezza di una nazione.

Su questi temi specifici, non siamo riusciti a trovare materiali nei lavori di Alberto Bagnai (forse per incapacità di analisi o non conoscenza di tutti i materiali da parte nostra e nel caso ci scusiamo). Alcune affermazioni sul blog di Bagnai (riportate in questo articolo) appaiono non sufficientemente argomentate e quindi potenzialmente demagogiche (limitatamente al debito pubblico).

 

 

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Euro si! Euro no! e la disoccupazione dimenticata.

Euro si! Euro no! e la disoccupazione dimenticata..

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Corruzione. Spunti per un cambiamento.

Nel libro “La democrazia dei Corrotti” di Walter Mapelli e Gianni Santucci (Rcs Libri) sono presenti spunti molto interessanti su modifiche da effettuare per migliorare la legislazione sulla corruzione in Italia.

Alcune proposte sono complesse nella loro elaborazione. Vogliamo però riportare alcune linee guida. Semplici ma potenzialmente efficaci.

1) Semplificazione di tutto il quadro normativo. La corruzione domina dove le norme prolificano. Eliminazione della differenziazione delle fattispecie di reato per la corruzione (corruzione propria, impropria).

2) Rivedere i termini di prescrizione per i reati collegati alla corruzione.

3) Rivisitazione delle norme riguardanti le rogatorie internazionali.

4) Rivisitazione di tutta la legge riguardante il falso in bilancio.

5) Uniformare la corruzione tra privati alla normativa pubblica, eventualmente abolendo tutto l’ impianto sulla normativa pubblica (non presente in molti paesi stranieri avanzati).

6) Rivedere le pene per corruzione anche in rapporto ad altri reati, riportando ad una metrica uniforme della pena in base al reato.

7) Eliminare il reato di concussione, in un contesto complessivo di semplificazione, per ricondurre il tutto alla generica estorsione, prevedendo quindi l’ aggiunta di una aggravante a quanto già previsto per l’ estorsione.

8) Aumentare le pene per il reato di traffico di influenze. Questo reato è un collaterale della corruzione e come tale deve essere perseguito.

Per fortuna, rispetto a quanto indicato nel libro :

il pubblico ufficiale che percepisce indebitamente un beneficio per la sua funzione è punito, chi offre la tangente viene a suo volta punito con la stessa pena.

Sembra una tautologia del reato di corruzione. Invece in Italia tutto questo è stato recepito solo recentemente. Per fortuna un piccolo cambiamento che testimonia che se anche lentamente, si intravedono dei cambiamenti su questo fronte.

In particolare :

Art. 318. Corruzione per l’esercizio della funzione. (1)

Il pubblico ufficiale che, per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

(1) L’articolo che recitava: “Corruzione per un atto d’ufficio. Il pubblico ufficiale, che, per compiere un atto del suo ufficio, riceve, per sé o per un terzo, in denaro od altra utilità, una retribuzione che non gli è dovuta, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Se il pubblico ufficiale riceve la retribuzione per un atto d’ufficio da lui già compiuto, la pena è della reclusione fino a un anno.” è stato così sostituito dall’art. 1, L. 6 novembre 2012, n. 190.

 

Nonostante alcuni cambiamenti effettuati nel 2012, la complicazione del quadro normativo sulla corruzione, i tempi di ratifica delle convenzioni internazionali, come pure delle direttive europee, ci fa pensare che la lotta alla corruzione sarà ancora dura.

 

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Lavoro. Prossimamente

Lavoro e moneta hanno sempre più interazioni e interconnessioni.

L’ attuale è una crisi da calo di domanda e non da eccesso di offerta. Come pure la moneta riveste un ruolo importante, fondamentale e a volte devastante.

Per adesso pubblichiamo due link sulle idee per aumentare il lavoro :

CGIL (tramite LaVoce.info) :

http://www.lavoce.info/wp-content/uploads/2012/09/Piano_Del_Lavoro_CGIL_gen13.pdf

Confindustria (tramite LaVoce.info) :

http://www.lavoce.info/wp-content/uploads/2012/09/Crescere_si_può_si_deve.pdf

 

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Cariche elettive. Continuità

Stiamo alacremente lavorando sulla nuova piattaforma ed a breve faremo un intenso lavoro sulle policy che governeranno la nuova piattaforma.

In attesa, ragioniamo sulle cariche elettive.

Assistiamo a vari casi nei quali presidenti di Regione, Sindaci, Parlamentari Europei partecipano a primarie, elezioni per altre cariche più importanti.

Riteniamo che sia importante normare che un eletto ad una carica elettiva non possa partecipare (per tutta la durata della carica ed anche in caso di dimissioni) a nessuna altra elezione o campagna elettorale.

Questa considerazione fa parte del capitolo più ampio del conflitto di interesse e delle incompatibilità.

La ratio è quella di tutelare gli “amministrati” in carica, che hanno il diritto di avere continuità di governo. Molte norme attuali sono invece orientate soprattutto a tutelare gli  “amministratori”, piuttosto che gli “amministrati”.

 

 

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Articoli Vari Economia

Questa è una raccolta che aggiorneremo con vari articoli su dati economici macroeconomici.

Contro Euro – Pro Spesa Pubblica.

http://www.byoblu.com/post/2012/10/28/Il-problema-non-e-il-debito-pubblico-Ecco-perche.aspx?page=all

Creazione Moneta. Discussione sul sistema di riserva frazionaria.

http://goofynomics.blogspot.it/search?updated-max=2012-10-24T18:21:00%2B02:00&max-results=7&start=82&by-date=false

Teoria

http://www.unich.it/docenti/bagnai/mqs/

Database informativi.

IMF Outlook Database

http://www.imf.org/external/ns/cs.aspx?id=28

http://data.worldbank.org/data-catalog/world-development-indicators

http://stats.oecd.org/Index.aspx

http://ec.europa.eu/economy_finance/db_indicators/ameco/index_en.htm

http://www.imf.org/external/np/sta/cofer/eng/index.htm

http://www.imf.org/external/pubs/ft/bop/2007/bopman6.htm

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La questione meridionale. Dall’ assistenzialismo al rilancio.

Abbiamo già scritto a proposito della questione meridionale e della questione del nord.

Al di là di aspetti puramente quantitativi (quanto è giusto che l’ area più ricca trasferisca all’ area più povera) esistono anche aspetti qualitativi.

Attualmente tutti i trasferimenti (La questione del nord) sono basati su sovvenzioni alla spesa pubblica e/o a trasferimenti a fondo perduto verso aziende.

Questa gestione storica dei trasferimenti Nord – Sud ha provocato drammi molto elevati. La spesa pubblica è buona solo se produttiva e non parassitaria, clientelare, corrotta.

E’ importante che le sovvenzioni dal Nord al Sud siano impostate come sgravi fiscali alle aziende che vogliono investire o tramite sgravi da effettuarsi sul cuneo fiscale.

Per un vero sviluppo del Sud è necessario indirizzarsi verso una razionalizzazione della spesa pubblica (con il concetto dei costi standard) e contemporaneamente rendere attrattivo l’ investimento nel Sud alle aziende.

Le eccellenze del Sud non necessariamente devono essere orientate alla industria pesante. Esistono eccellenze nel settore del turismo, della filiera agroalimentare, ma anche nell’ elettronica.

Proposta

Determinare il tempo entro il quale la spesa pubblica deve essere orientata al concetto di costo standard (sia nella spesa sanitaria, sia nella spesa regionale, comunale, provinciale).

Rivedere tutti i finanziamenti alle aziende, perchè siano orientati a sgravi sul costo del lavoro e sgravi sugli utili prodotti (come avviene in molti paesi Europei).

 

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Rassegnazione. No. Determinazione.

Abbiamo molti rapporti. Conosciamo molta gente.

Uno delle cose che più ci colpisce è la rassegnazione.

“E’ così”.

“Quella istituzione è così”.

“Quell’ ufficio è in questo modo”.

“Le cose funzionano così”.

La sfida più grande che vogliamo combattere è la rassegnazione.

 

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