Il lavoro visto da un imprenditore

Abbiamo coinvolto un imprenditore per parlare di lavoro. Una intervista aperta. Forse di parte. Anzi, sicuramente di parte. Ma per chiarire un punto di vista.

Come vede il lavoro un imprenditore, articolo 18, diritti ?

Faccio impresa da 20 anni. Prima della precarietà, dopo la precarietà. Prima della crisi, dopo la crisi. Sicuramente il problema è lo sviluppo. Di seguito il lavoro nel suo complesso.

Sicuramente, anche dal punto di vista dell’ impresa e di un imprenditore, si faceva meglio l’ impresa quando c’erano regole più rigide, maggiori diritti, il posto fisso a vita. Fino agli anni 2000, anche psicologicamente, si pensava ad un domani in crescita. C’era molta serenità.

Il punto centrale del lavoro e dei diritti è lo sviluppo e non i diritti stessi. Viceversa si parla in astratto.

Quanti licenziamenti, fabbriche chiuse, disperazione, mancanza di un domani. I diritti senza sviluppo sono puro esercizio teorico. I diritti sono conseguenza di un mercato del lavoro maturo e che funzioni bene. Tutt’altro di quello che si vede ora.

Ed il mercato del lavoro ?

Credo fermamente che l’errore di tutti, in primis i sindacati, sia quello di pensare che il mercato del lavoro non sia un mercato.

E’ come pensare che il mare sia dolce e non salato e bere facendo finta di nulla. Prima o poi si sta male.

Il problema degli imprenditori non è mai di tipo filosofico. L’imprenditore, volendo semplificare, ha un approccio molto gretto o se vogliamo pragmatico alle cose.

Il problema non sono i diritti. Ma il costo del lavoro. E’ inutile che ci giriamo intorno. Ed il problema dell’imprenditore (parlo soprattutto delle piccola e media impresa) non è biecamente il guadagno. Ma la continuità aziendale. La competizione. La sopravvivenza.

Esistono mercati a meno di 300 KM dove una persona di media ed alto livello costa meno di 8.000 euro all’ anno. Contro i 35.000 euro in Italia.

Hai un bel dire che l’ Italia è avanti. Che le persone hanno maggiore cultura. Che il modello ci tutela. Che bisogna puntare all’innovazione. E tutte queste manfrine.

Sono mere illusioni. Le grandi aziende hanno delocalizzato parti importanti della loro produzione anche intellettuale.

C’ è un processo spinto di deindustrializzazione  anche del valore aggiunto. Si arriva fino al dentista oltre cortina. Il medico a basso costo.

Facciamo finta che tutto questo non esista. E la situazione peggiora di giorno in giorno.

Io personalmente sono per la riduzione dei minimi salariali, che non sono compatibili più con un mercato competitivo e di sproporzioni enormi. Vogliamo che i nostri giovani vadano in Albania per trovare il lavoro ? Pensiamo che la soluzione sia quella di irrigidire il costo del lavoro ?

Andate a vedere quanti uffici studi, di progettazione, trovate nei paesi a basso costo.

Vogliamo fare finta che tutto questo non accada ?

In America (che è un modello sicuramente  da cambiare) esiste un salario minimo di dignità. Poi le regole vengono stabilite dal mercato. Non mi pare che tutti lavorino gratis. Anzi, usualmente il salario medio è molto più alto del salario minimo.

E la dignità ?

Noi vogliamo tutelare il lavoratore. Ma noi dobbiamo tutelare la persona. Nel suo complesso. Ora qualsiasi problema lavorativo è un dramma personale fra il lavoratore e l’imprenditore. Le aziende non sono tutte Fiat.

La categoria degli imprenditori ha dato molto. Quanti suicidi. Si crede che sia facile in certe situazioni ?

la dignità è della persona. E va tutelata. Non ha nulla a che fare con i diritti del lavoratore, che fra l’ altro riguardano una ristretta cerchia di persone.

Quindi licenziamento facile.

Io personalmente sono per la flex security. Cioè, dignita alla persona. Le aziende possono licenziare senza vincoli. Ma la società, a carico delle aziende e della fiscalità generale, prende in tutoraggio la persona che ha perso il lavoro. La accompagna. Tutto questo funziona in alcuni paesi.

Il ragionamento dietro il licenziamento è più sottile. Ma al di là di codice e contro codice, articolo di legge e non articolo di legge il punto è quello di fare domande molto nette e trovare risposte. Chiare.

1) E’ giusto che una persona sia accompagnata nelle difficoltà della propria vita ? Ora non è così. Diciamo a chiare lettere. Un buon avvocato, un po’ di soldi, ed è la strada anche per il più tutelato. Se poi, invece di essere uno solo, sono in 10,  allora è proprio semplice.

2) E’ giusto che una azienda possa costituire la squadra come meglio crede ? Anche qui devo rispondere si. Giocheresti a calcio con persone di cui non ti fidi, o con i quali non c’ è sintonia ?

3) E’ giusto reintegrare le persone per licenziamenti illegittimi discriminatori ? Mi pare proprio di si.

Ritengo giusto che le aziende possano fare selezione sul merito. Oggi, anche se molti fanno finta di nulla, sono proprio le grandi aziende ad usare mezzi sempre più orientati all’allontanamento della persona di mezza età, di questo o quel reparto.

Ora la persona non è tutelata. Si tutela il lavoratore. Ipocritamente. Perché basta avere buoni rapporti con il sindacalista di turno e via, licenziamenti a raffica.

Quindi tutto all’estero ?

Purtroppo non tutto è made in Italy. E non tutti gli imprenditori sono Enzo Ferrari.

Se una certa lavorazione qui in Italia costa 100 e all’ estero costa 20, quale è la soluzione ?

Non ho una risposta. Mi verrebbe da dire che permettere di portare il costo anche qua a 20, creerebbe sviluppo, crescita, concorrenza sulle persone e quindi alla fine, nel medio periodo, la mancanza della necessità di giocarla solo sul prezzo.

Ora è semplicemente un gioco al ribasso.

Se una regola porta anche un posto di lavoro ad andare fuori dall’ Italia, a mio parere è una regola sbagliata.

Quindi una ricetta semplice.

Ho molto rispetto di questi temi. Il problema è che nessuno ne parla. Nessuno pone domande chiare e ne riceve risposte chiare. tutto è strumentale. Rapporti di forza. Teatrini.

Conosco abbastanza bene la macroeconomia. Si pongono mai i problemi per trovare effettivamente una valida soluzione ?

Qualcuno si è mai posto il problema (seriamente) di cosa succederebbe se togliessimo i vincoli del contratto nazionale del lavoro ? La mia precedente è una ricetta gretta. Ne sono consapevole. Forse anche errata. Ma pone problemi veri.

Soffro a vedere giovani che vanno all’ estero per necessità e non per volontà.

Quindi tutto difficile. Siamo provocatori.

Sono temi complessi. C’ è chi lega i nostri problemi alla moneta. Chi alle regole.

E’ vero che è difficile ipotizzare investimenti in un mercato dove pagare il fornitore è un optional.

Mancano in Italia, l’ ABC delle regole di un mercato. Se non voglio pagare un fornitore, ci rivediamo fra qualche anno. Che problema c’è.

Il grado di civiltà di un paese è dato dalla sua capacità di imporre le leggi che si è dato. e qui siamo proprio lontani.

Il lavoro parte dallo sviluppo e lo sviluppo basa su cardini immateriali di fiducia che stiamo perdendo.

Come uscirne ?

Nel proprio piccolo, aumentando gli sforzi, le attenzioni, l’innovazione. Il controllo della concorrenza. Lo studio. E tutto non basta.

Nel macroeconomico, punterei ad una rivisitazione dei vincoli Europei. Obama, negli Stati Uniti, sta portando crescita. Speranza.

In Italia dobbiamo puntare a certezza del diritto, certezza dei pagamenti, sburocratizzazione. Per recuperare investimenti.

Inoltre, esistono varie componenti che concorrono a determinare il prezzo di un prodotto. Noi consideriamo solo il costo del lavoro. Ma esiste un contesto più allargato. Se in Italia è obbligatorio produrre rispettando certi parametri ambientali, dobbiamo importare merci che implementano le stesse regole.

Se in Italia le ore lavorate sono 40 alla settimana, è giusto che le merci che importiamo abbiano dazi se le ore lavorate nel paese di origine sono 70.

Non penso che la globalizzazione sia una sfida al massacro. E’ sempre una questione politica.

Se una azienda straniera vuole vendere un prodotto in Italia, il proprio processo produttivo deve essere conforme alle regole Italiane.

Come è possibile pensare che qui in Italia ci siano sacrosante regole ambientali, del lavoro, di diritti, di rispetto della sicurezza, ecc. ecc., e le merci importate non siano costruite con le stesse regole.

E’ difficile, ma credo che sia l’unica strada per vincere la sfida della corretta globalizzazione.

Non voglio un mondo che giochi al ribasso. Ma un mondo che possa giocare ad un continuo rialzo dei diritti. Ma in un contesto in cui il diritto è effettivamente raggiunto e non solo teorizzato.

 

 

 

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