Legge di stabilità: rideterminazione del valore. Cosa non viene detto e che fa parte dello scandalo.

Esistono alcune notizie molto tecniche che vengono trascurate  dai giornali e non hanno molto eco.

In realtà sono veri e propri scandali che passano stranamente sotto silenzio. Anche perchè gli immobili li hanno  sia i partiti, sia i sindacati, sia le varie associazioni…

La L. 228/2012 (Legge di stabilità 2013) al comma 473, ha riaperto il termine per la rideterminazione del valore delle partecipazioni in società non quotate ex art. 5 della L. 448/2001 e dei terreni, posseduti non in regime d’impresa, agli effetti della determinazione delle plusvalenze di cui all’art. 67 del TUIR.

Uscendo dal linguaggio burocratico, spieghiamo in soldoni.

Supponiamo di avere un terreno (o una società o un immobile). Il terreno è lì da parecchi anni. E’ stato acquistato a  50.000 euro, tanti anni fa. Con il tempo il terreno si rivaluta. Per esempio 1.000.000 di Euro.

La plusvalenza di Euro 950.000 euro dovrebbe essere tassata al 20% per le plusvalenza dei capitali e alla aliquota marginale Irpef per i terreni (se non erriamo). Arrotondiamo e diciamo che sul guadagno di 950.000 euro, dovremmo pagare 190.000 euro (almeno).

Applichiamo la formula magica :

La L. 228/2012 (Legge di stabilità 2013) al comma 473, ha riaperto il termine per la rideterminazione del valore delle partecipazioni in società non quotate ex art. 5 della L. 448/2001 e dei terreni, posseduti non in regime d’impresa, agli effetti della determinazione delle plusvalenze di cui all’art. 67 del TUIR.

e magicamente, possiamo pagare il 4% di 950.000 euro. Cioè 38.000 euro. Cioè circa 150.000 euro in meno. Non poco.

Chi governa ha responsabilità di agire per l’ equità sociale e fiscale. Certe leggi NON devono uscire.

Le rendite da capitale non possono essere così privilegiate, rispetto alle rendite da lavoro.

I politici parlano di patrimoniale e poi detassano i redditi (REDDITI) da plusvalenza di capitale.

Proposta

E’ necessario uniformare la politica fiscale equiparando i trattamenti e conservando i trattamenti fiscali nel corso del tempo.

Non è possibile avere differenziazioni così ampie di trattamento fiscale. Non si chiamano condoni, ma ugualmente non agevolano il rapporto fra fisco e cittadino.

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